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Isole Tremiti

Isole Tremiti

Azzurro e verde si incontrano ad oriente.
Un caleidoscopio creato dal mare multicolore: il cielo che lo bacia, le bianche scogliere che lo arginano e la pineta che, lambendolo, lo esalta. Uno naturale smeraldo, enorme e luminoso, che la natura si è divertita a creare per noi a sud dell’Adriatico.
Così senti le Tremiti, quando ci sei finito dentro.

La rigogliosa euforbia ed il faro in punta, a San Domino

Ben oltre la dimensione turistica e storica, l’isola-guida di questo piccolo arcipelago, ossia San Domino, colpisce per la sua incredibile caratteristica di fondere armoniosamente i colori più belli dello spettro cromatico, attraverso la sua incontenibile pineta che letteralmente scende ad unirsi con il mare avvolgente.
L’arcipelago italiano più ad oriente si compone di cinque isole e scogli vari, praticamente vicinissimi tra di loro, si può dire appunto che sia un arcipelago in formato “micro”.
L’isola di San Nicola, luogo storico, austero ed anche mistico, è sede della municipalità e costituisce il vero nucleo abitativo, tale anche in inverno. Con la mole della sua Abbazia è un’isola insinuatrice di pensieri, più di quanto appaia.
Di contro San Domino, la più estesa, centro turistico e naturalistico dell’arcipelago, con i suoi pini d’Aleppo per ogni dove, offre all’assieme insulare una decisa personalità che poi resta l’immagine che tutte le Tremiti trasmettono a viaggiatori e turisti.
E poi i piccoli isolotti Cretaccio e Caprara, vicinissimi, disabitati e a loro modo incensurabili, a tiro di una nuotata, con le loro storie, la loro crudezza naturale, le acque incontaminate, sembrano purificare l’arcipelago dei sui carichi turistici estivi.
La lontana Pianosa, zona di riserva integrale, è lasciata agli specialisti delle scienze naturali.

San Nicola, dalla pineta di San Domino

A San Domino le spiagge si contano con le dita di una mano nel senso che, a parte la bella Cala delle Arene di San Domino, contigua al molo di sbarco, non considerando la limitrofa spiaggia dei Pagliai (raggiungibile solo in barca), si può serenamente affermare che non vi sono arenili degni di questo nome nell’arcipelago, non potendo considerare tali qualche metro di sabbia a Cala Matano o a Cala degli Inglesi.
Le coste sono particolarmente alte, a falesia, solo nel tratto a ovest della Cala del Bue Marino, davvero a strapiombo. Poco accessibili anche verso la Punta del Diamante. Qualche problema di accesso alla costa si ha per la presenza di qualche villaggio turistico, lato nord.

Cala del Sale (sn) e la Punta di Zio Cesare – Lato di sud-est

Preso atto della natura rocciosa e poco agevole, queste isole vanno conosciute e vissute per quello che sono: una raffinatezza, geologica e naturalistica, dell’Adriatico del sud. Sono bellissime e forse scomode, comunque da prendere per il loro verso, fatto di mediterranea biodiversità, un’unicità da scoprire passo dopo passo, cala dopo cala.

La caratteristica che salta agli occhi a San Domino è il sorprendente “stato di prossimità” tra pineta e mare, perché è davvero men che una manciata di metri la separazione fisica tra gli ultimi tronchi di pino dall’acqua.

Pineta fino all’ultimo metro, poi il mare

Un verde purissimo che quasi sembra sciogliersi nel continuum smeraldino che sale dal basso. Le coste, pur rocciose, scendono senza ripide asprezze tirandosi dietro pineta e sottobosco, fin quasi a lambire l’acqua, in un’avvincente armonia cromatica. Modellati dal vento dell’Adriatico, gli alberi sembrano fondere l’isola stessa con il mare che la contiene, come una grande cupola verde.

Dal punto di vista del viaggiatore, c’è da chiedersi circa le prospettive di sbarco su queste isole nel fuori stagione.  Molte destinazioni insulari italiane (o rivierasche di continente, vedi le Cinque Terre) oggi vivono stagioni turistiche lunghissime, anche invernali, in virtù dei cammini, dei sentieri trekking e dei percorsi MTB/ciclistici. Se pure solo San Domino parrebbe destinabile a questo obiettivo (San Nicola è un tuffo nella storia e nel mito, più che una possibile destinazione di cammino) si deve dare atto che la ricettività alberghiera nei mesi non estivi è minimale, per non dire assente. Eppure l’isola con i suoi boschi, la sua botanica ricca, con suoi i dislivelli moderati può offrire percorsi e natura, scorci da scogliere e falesia, suggestioni non da poco.
Sono pochi km, è vero, ma il profumo e la sensazione di oriente sono un  giusto premio per il camminatore più esigente, anche fuori stagione, allorché la pressione turistica è nulla.

San Nicola, il centro amministrativo e nucleo storico dell’arcipelago, è un balcone roccioso sull’Adriatico. Ivi, la grande Abbazia che è stata nei secoli anche fortezza difensiva, si apre al mare, all’oriente e al viaggiatore, dominando l’orizzonte.
Dai piani alti dell’Abbazia, magari in una giornata ventosa, oltre a spaziare il mare, si può avverte nell’aria il senso della sua storia e della sua spiritualità, della sua funzione di ricovero e resistenza nei secoli bui della pirateria saracena.  Circondato da grandi mura fortificate, la parte più alta della costruzione consente di vedere, oltre alla costa garganica all’orizzonte, poco sotto il piccolo centro di San Nicola costituito da un nucleo di case di inizio novecento, con la loro umile edilizia e semplicità geometrica, che si sviluppano in salita verso la fortezza. L’ultimo edificio è il municipio, che pare uscire da un film neorealista.

La “tomba di Diomede”

Qui più che mai si avverte la storia e la grigia testimonianza delle Tremiti come isole di deportati di guerra o di confino durante gli odiosi venti anni.
Alle spalle dell’Abbazia, seguendo una strada tortuosa tra muraglioni, corridoi, cortili, chiostri e magazzini, si raggiunge l’alto pianoro dell’isola che è percorsa, come fosse la sua dorsale, da una lunga strada sterrata, ignorata dai turisti ma anche regno dei grandi uccelli marini.
La necropoli greco-romana che vi si trova testimonia il passato di queste terre come punto di collegamento tra mondi e genti separati ma non divisi dall’Adriatico. La tradizione popolare vuole che la tomba ipogea più grande, qui rinvenuta, sia quella dell’eroe omerico Diomede che, secondo il mito, errabondo pervenne sull’isola in seguito alla fuga dalla città di Argo, al ritorno dalla guerra di Troia.
Ed infatti, le isole Diomedèe è anche l’altra denominazione di questo arcipelago, nome che ci ricorda come questo sia una delle nostre porte verso oriente.
L’unica che sia insulare.

“Luna Matana davvero da lì è così strana” – Lucio Dalla e le Tremiti amate – 2001